Era con lo sguardo che fendevo,
avvolto dalla bruma
eppure perspicace e lucente.
Era con lo sguardo fendente
che credevamo di tagliare a fondo,
fino in fondo, le coltri sopraggiunte.
Era con lo sguardo e l’azione,
col gesto certo e il senso sicuro
che circondavamo il capo e i fianchi.
Era con labile incertezza,
con la mia dubbiosa fede nel piccolo fiore,
nel giovane fiore e nelle gemme schiuse.
Eravamo piccole gemme,
eravamo tenere foglie,
eravamo fusti flessuosi, tronchi appena piegati
dal vento e dall’affanno fino al settimo giorno.
Eravamo la folla e la collina assolata,
la solitudine avvolta nell’eterna storia
della vicenda che declina,
negli anni avviluppati a fagotto
procediamo.
Negli anni sciamanti a nugoli
camminiamo.
Non so se più forti e più fermi,
ascoltatori e credenti,
accoppiati alla lotta
o alla resa, al salto oltre
i margini smangiati e l’erba battuta,
argini ed erbe noi stessi
muti, vibranti al canto del vento barbarico
del giorno nel mezzo.
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