Il video di presentazione di Luci d'ombra, incentrato in modo particolare, sul primo racconto intitolato Il mostro dove, in sequenza diacronica, e con riferimenti ad artisti, letterati e protagonisti della cronaca, si analizza il tema da prospettive distinte ma coerenti.
"La paura è il grande mostro.
Non è il mostro delle favole, pistrice-drago, gigante malfatto, abnorme di piede e di mano che devasta l’intera regione, ma poi si commuove, annusando il fiore che una bambina gli ha dato.
Non è il mostro verde che s’impossessa dell’uomo quando questi cade preda della gelosia, ma è quello che congela il fiato, fa tendere la pelle all’altezza delle tempie e del cuoio capelluto, senza poter opporre resistenza. Resistere appare come l’atto insostenibile perché è come mettere la sordina al grido d’allarme, perché la paura è questo, un grido d’allarme, un’appendice interlocutoria alla quale rispondere. La risposta può essere la fuga, per porsi in salvo, o l’estremo atto tracotante per affrontare, fronte a fronte, nello scontro ultimativo, quello che deciderà della vita o della morte.
E allora ci sarà comunque una vita e una morte.
La paura è quella che non fa gridare, anche se si vorrebbe, perché la bocca è aperta ma dalla bocca spalancata non esce verso, come se l’articolazione sonora fosse impedita da una censura vigile. Anche quando non esce suono l’uomo si copre comunque le orecchie, nel terrore di poter sentire il timbro agghiacciato e rotto della sua tragica voce. Come un cristallo franto.
Il grido di Edvard[1] contro un cielo sanguinolento, che si lacera nel tramonto, ferita abnorme, è immagine sublime della paura. La voce appartiene all’uomo-larva, all’uomo ectoplasma veleggiante e ondivago, che corre lungo il fiordo e conosce esattamente l’entità del dramma, quali note potrà raggiungere, quale durata, quale incrinatura, quale vetta apicale potrà toccare.
[1] Si fa riferimento all’artista scandinavo Edvard Munch."
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