Era il periodo durante il quale le soluzioni, che cento anni prima almeno erano state considerate momentanee e provvisorie, impermanenti e transitorie venivano ripristinate affinché diventassero definitive. E, in barba agli studiosi e agli eruditi, i portici, con gli ambienti retrostanti, diventavano museo sfibrante l’unità delle collezioni nel loro enunciato espositivo storico. E dentro, col beneplacito del boiardo alla bellezza, si ammassavano insieme il vero e il falso, l’artista e quello decretato tale dall’imbruttimento lecca-terga e provinciale degli ometti miracolati e messi sulla sedia per dire sempre sì.
Era il periodo durante il quale il bove di quadri offendeva la scimmia di cuori e il bove di picche offendeva la scimmia di fiori, il ratto del primo piano scaccolava sul pantano della scala reale. C'era chi bluffava, chi snobbava il bluff, e chi speculava fino all'ultimo grado radioattivo e tossico della decenza avvelenata.
Tutti animati dalla stessa incultura, dallo stesso infido occhio trasverso dietro lenti da vista offuscate da un cristallino etico appannato.
«Io? Io non so! Io non c'ero! io non posso e se posso non voglio perché è mio e della mia sola minzione di lombi il privilegio. Ma in giro non si dica che di privilegio si tratta, perché sodo e duro ho lavorato per meritarlo». Sodo e duro, ma certo, di sicuro.
Ode e lode all'occhio lubrico e puntuto, spiritato d'ammoniaca urticante quella stessa che s'era dovuto ingollare per urticarsi le budella chi aveva fatto carriera da uscere in seconda, da segretario personalissimo e praticante! Una plastica ricostruttiva alle viscere, che sono il secondo encefalo per gli archiatri più valenti, e tutto passa e andrà meglio di prima!
Erano gli anni in cui i piccoli studiosi, mai cresciuti, millantavano crediti mai avuti perché pecorecci ignoranti erano sempre stati. Perché pennivendoli imbiancati, perché esegeti al grado zero ammanicati erano, perché da scranni macilenti predicavano il fervorino appreso a stento di memoria. Celebranti laici dell’auto-culto, imbonitori addestrati dall’imbonitore degli imbonitori che aveva mostrato la strada prima.
Razzolavano il giorno precedente su internèt e il giorno successivo, quello della presunta lectio magistralis, in realtà, minorata lectio era la loro, ab asinina insipientia cum augumento magno corbellatium, perdonate il maccheronico latino. Conoscevano solo l’impiombatore della Santità vostra e la sua pietà, salvo confondere pietà e pietas come fossero sinonimi sovrapponibili, e riconoscere inesistenti polle curative, probatiche piscine, balnea lustrali, ne paesaggi dove riferimento non si faceva alle pettatrici che Durante conosceva e aveva cantato.
Erano gli anni durante i quali, mentre le enciclopediche, atlantiche, citazioniste letture pseudocritiche sulle imprese degli uomini di farnia si abbozzavano da parte di Iom, miracolato indifendibile e dal suo scherano occhidipalla, le erbe rampicanti prosperavano sulla pietra della Porta di Faulle.
Erano gli anni nel corso dei quali cartoni, fogli e masonitici supporti, dipinti dal pittor col baffo birichino passato a miglior vita, venivano esposti alla rinfusa dal bottegaio e da improbabili accozzaglie posticciate di finto crine, aculeate da rimovibili artigli, entomofile Vanesse vaniloquenti.
E quei cartoni e quei fogli venivano infilzati su espositori con le puntine da disegno che laceravano il supporto macchiato di gore e, con faccia di negligenza, mai restaurato e così mostrato.
Erano gli anni nel corso dei quali le pile, le torri instabili del non sapere, gli zibaldoni monchi e le antologie claudicanti fatte di centoni compilativi e nient’altro venivano gabellate per autentici inediti studi e fotografati in bella posa. E anche se quei centoni erano ricoperti di rossa e pellata rilegatura, incisa a lettere d'oro e inserita nell'Antologia del Gran Giornale, sempre centoni dozzinali rimanevano, scritti con la stessa greve, torva e cinica sicumera, con la stessa arroganza gracchiante e vuota.
Chi non sapeva parlare neanche, scriveva. Chi non sapeva scrivere credeva di prosperare pubblicando per i tipi dell’editore prezzolato che a pagamento avrebbe immesso sul mercato anche l’Edizione critica, rivista e ampliata, dell’elenco abbonati alle applicazioni della Deficienze Artificiali. A breve da Deficienza diverrà Intelligenza e da Intelligenza artificiale diverrà Macro-Intelligenza aumentativa, incrementativa, auto-formante, altamente performante, economicamente brillante, immane cervello ipertrofico che tutto sa e tutto vede, più e meglio dell'occhio di Dio, che manderà allo sbaraglio del non lavoro migliaia di professionalità decretate non economiche, improduttive e obsolete, o molto più semplicemente non più contemplate all'origine, nel giro di un trimestre di previsioni aziendali.
Erano gli anni durante i quali l’oscura favoletta, tratta dalla saga di chi dorme, celebrava. orrendo scritto, laminato intellettuale monospessore, la violenza e lo stupro, e nessuno se ne avvedeva o lo dichiarava. E di Festivalle in Festivalle s’aggirava per riscuotere applausi compiacenti - «Che non si sa mai questo incapace scrittore, improbabile esegeta letterario un giorno forse farà faville e ci potrà essere utile.»
E per questo Pinocchiettodicesì dice sempre sì, a tutto e a tutti, con lo stesso movimento di molla a scatto, affinché sia sancito anche questa volta il consueto patto di slinguazzare alla bisogna Tizio Caio, nemico di Caio Tizio, pulire la slinguazza e ricominciare a umettare con identica dedizione le terga puzzolenti di Caio Tizio. «O di Tizio Caio? Non ha importanza, l'importante è che Tizio si ricordi che ho slinguazzato le terga di Tizio! E che Caio si rammenti che ho leccato anche le terga di Caio!»
Legge prima della fisica è ricominciare il giorno dopo e il giorno avanti.
Pinocchietto spinge una puntina da disegno sul foglio vergato dall'artista e gli lacera l'idea, gli abrade l'intuizione, in una soluzione che separa i lembi dell'integrità, della coerenza e della folle tracotanza che ubriacava i suoi occhi, i suoi gesti, gli improbabili pastrani e le idee.
Nascere folli bisognava. Pazzi veri! Nascere ciechi e sordi, coriacei e insensibili, eiaculatori di essudati mentali da trenta denari. E vai, così si vada, puntine da disegno gratis per tutti!
L'orchestra suona. Esaltata ci dà dentro nel delirio dell'ultimo atto quando i cantanti arrancano, arrampicati sulle generosità stancate dell'ugola all'estremo spettacolo, all'ultimativa recita dell'annata, come strilla a lettere di cubito il cartellone. Archi e ottoni eseguono con fragore una danza macabra fatta passare per un valzer non demoniaco, benché ritmo trino, e per questo da sempre claudicante, rinfrancato dalla sua zoppìa solo grazie all'appiglio della coda, pungolo e saetta.
E tutti noi, ciechi e imbellettati, cantori di noi stessi, rubagalline, atavici truffatori, buffoni gravidi di mostri, tronfi eroi forti dell'impresa di sabbia, audaci scalatori di torri in marzapane, spergiuri nella notte e codardi pentiti prima del verso, sirena d'allarme e d'alba del gallo, cantiamo e mangiamo, ridiamo e balliamo giro, a giro, vortice a vortice, sul ponte della nave da crociera, sulla nave gigantesca e babelica, sulla tracotante chiglia che non riuscirà a smascellare il ghiaccio degli icerberg non avvistati.
Oggi e ancora, contro ogni razionale e difendibile piano dell'ingegno, datemi ancora altre puntine da disegno!
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