Quanto cielo allora
Quanto cielo ancora
potrò con lo sguardo colmare
nel petto riarso e gonfio
In cerca di posa?
Una lama di cielo
s’incunea nel mezzo e blandisce quanto rimane
di un dolore acuto e di questa notte
Sogno di non essere
di non essere qui come sono
e dove, ancora in cerca di mani sante,
germogli odorosi e campi
che avvampano alla luce esplosa,
nostro malgrado inetti,
di grano, di cuore impazzito
che pompa sangue,
vita e vita insieme
allacciati a un sentiero bruno e dolce
segnato da alberi in fila
in concorde e non monocorde intesa.
Fratelli ordinatori di strade
fardelli pesanti come pietre miliari
che contano i lunghi giorni percorsi
perduti nel manto lanugginoso
di quando siamo corsi via
dalla casa ovattata di tiepido sonno
di tiepido amore che non scema
rimane denso e mite
sugli occhi, sul petto
e alimenta ancora le fibre
come nutrimento che sprizza oggi, primo pane,
primo cibo nuovo e sollecito
al giovane morso.
Quanto cielo ancora sovrasterà il mio corpo
Liberto fresco da nubi
in chiostro e corona?
Non più parole tagliate
Non più infrazione di piccole imprese errate.
Sotto questo amico denso d’ombre
che inala vento
distendo e dispiego a mani larghe,
senza grinze, questo panno.
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